Le Storie

Si racconta molto in Burkina. Mancando la televisione ed i mezzi multimediali le persone hanno ancora l'abitudine di incontrarsi, parlare all'ombra di un albero, e stare insieme anche fino a buio, senza luce.
I valori della vita sono ancora molto sentiti, il rispetto, il saluto, la famiglia, la solidarietà. Più le avversità del vivere si fanno pressanti, più le persone si stringono insieme per portare avanti l'esistenza, dura ma con grande dignità.
Non per nulla la parola "Burkina Faso" significa " Terra degli uomini integri".
La famiglia non ha un significato ristretto come nel mondo occidentale, ma riunisce i cugini, gli zii, i nonni, insomma i parenti tutti, il villaggio intero in pratica. E quando c'è una necessità tutto il villaggio interviene sostenendo nelle decisioni e aiutando economicamente per quanto possibile.
Le storie raccontano spesso fatti di bambini, che in pratica costituiscono la maggioranza della popolazione. Nonostante le difficoltà sembrano bambini gioiosi, felici, che corrono scalzi, sorridenti giocando con un rottame, un copertone di bicicletta, un pallone sgonfio. Basta guardarli negli occhi e si apprezza la contraddizione fra la loro gioia di vivere e le difficoltà del loro futuro.
I valori della vita sono ancora molto sentiti, il rispetto, il saluto, la famiglia, la solidarietà. Più le avversità del vivere si fanno pressanti, più le persone si stringono insieme per portare avanti l'esistenza, dura ma con grande dignità.
Non per nulla la parola "Burkina Faso" significa " Terra degli uomini integri".
La famiglia non ha un significato ristretto come nel mondo occidentale, ma riunisce i cugini, gli zii, i nonni, insomma i parenti tutti, il villaggio intero in pratica. E quando c'è una necessità tutto il villaggio interviene sostenendo nelle decisioni e aiutando economicamente per quanto possibile.
Le storie raccontano spesso fatti di bambini, che in pratica costituiscono la maggioranza della popolazione. Nonostante le difficoltà sembrano bambini gioiosi, felici, che corrono scalzi, sorridenti giocando con un rottame, un copertone di bicicletta, un pallone sgonfio. Basta guardarli negli occhi e si apprezza la contraddizione fra la loro gioia di vivere e le difficoltà del loro futuro.
LA CASA DELLE STREGHE
Durante la nostra esperienza in Burkina-Faso abbiamo avuto la fortuna di conoscere una persona eccezionale, don Pietro Ruzzi.
Un Padre Missionario che vive in Burkina da più di 45 anni.
Profondo conoscitore della cultura burkinabè ( parla e scrive perfettamente il morè, la lingua dell’etnia Mossì la più rappresentata in quel Paese ) ci ha fatto entrare in punta di piedi in quel mondo africano tanto complicato quanto ricco di insegnamenti.
Ci ha insegnato il rispetto per la loro coltura, per le loro abitudini, soprattutto che portare aiuto non autorizza a sentirsi superiori. Tanti sono i progetti realizzati da questo Padre sia in ambito sanitario sia con la sua attenzione alle persone in difficoltà.
Proprio la sua attenzione a chi soffre lo ha portato alla realizzazione di un progetto, la costruzione del “ Centro San Lazzaro” a Koupèla dove sono ospitate le cosiddette streghe. Sono donne ritenute responsabili della morte di un familiare o semplicemente di persone che stavano curando. Gli anziani del villaggio mettono in scena un processo che finisce con la confessione della donna esasperata dalle continue accuse ed anche drogata. Deve lasciare subito il villaggio abbando-nando tutto ciò che le apparteneva compresa la carta d’identità. Tacciata di stre-goneria non trova nessuno disposta ad aiutarla, costretta dunque a vivere per strada nutrendosi come può.
Nel Centro di Don Pietro non solo trovano alloggio e cibo ma soprattutto la serenità ed il sorriso. Non può sfuggire a chi visita il Centro, e ne rimane profondamente colpito, la gioia di vivere che traspare in queste donne. Mi sono chiesto dove trovassero la forza di sorridere, la risposta l’ho trovata dopo aver conosciuto a fondo questo Missionario eccezionale. Quando parla delle sue streghe gli si riempiono gli occhi di amore, che loro percepiscono.
Durante i nostri soggiorni a Koupèla abbiamo avuto la fortuna di passare tante ore con lui e parlare parlare della sua Africa, quella dei più poveri, dei più sfortunati per trovare insieme l’entusiasmo e la voglia di dare un po’ di gioia a chi soffre.
Gennaio 2021
(foto di Gualtiero Danieli e Stefano Grazzini)
MICHEL : dopo tre anni la
miracolosa guarigione
Una bella storia che premia l’impegno dei volontari impegnati nell’Ospedale di Koupèla
Kaboré Michel: anni 10
Nel novembre del 2011 la capanna di Michel prese fuoco, procurandogli gravi ustioni su tutto il corpo. All’ Ospedale di Koupèla fu prontamente sottoposto alle cure del caso da parte dei medici locali, che ce lo proposero per una consultazione chirurgica. Fummo ben lieti di poterli aiutare, attivandoci subito sia per pianificare la terapia sia per procurare materiale di medicazione e farmaci che in Africa il paziente deve pagarsi totalmente. La famiglia di Michel è molto povera per cui non avrebbe potuto permettersi di sostenere le spese necessarie a curare il loro piccolo.
Dopo 4 mesi di medicazioni le ustioni sul corpo e sugli arti erano perfettamente guarite, mentre quella sul capo non accennava a migliorare. I chirurghi plastici decisero allora di sottoporlo ad innesti cutanei, ma il giorno dell’intervento Michel non era più in Ospedale. Era ritornato a casa per essere sottoposto ad un trattamento tradizionale, impacchi di foglie e quant’altro nella più totale mancanza di sterilità. Il peggioramento fu inevitabile per cui fu ricoverato (ovviamente tutto a nostra insaputa) in un Ospedale della capitale ma anche qui con scarsi risultati. A seguito delle nostre ripetute sollecitazioni nel dicembre 2012 si ripresentò nel nostro Ambulatorio dove si ricominciò a medicarlo e fu preparato per l’intervento chirurgico di innesto cutaneo. Nel febbraio 2013 fu portato in sala operatoria ma una grave emorragia intraoperatoria vanificò la nostra speranza. Per più di un anno si presenterà per essere medicato, con il suo cappellino in testa e con due occhi che non sorridono mai, ma esprimono la grande tragedia che lo ha colpito. Per tutti i volontari sarà una spina nel cuore ogni volta che lo rivedono, nessuno lo dice ma tutti pensano che non ce la farà mai.
Nel mese di febbraio del 2014 arriva la missione francese dell’Ass.ne “Santé Afrique “, anche loro ovviamente coinvolti nella tragedia di Michel. Insieme decidiamo di fare un ultimo disperato tentativo, contattare un chirurgo plastico di Marsiglia che verrà a Ouagadougou per 10 giorni e si dice da subito disponibile. Portiamo Michel nella clinica di Ouaga dove il dott. Haen gli praticherà degli innesti cutanei. Dopo qualche giorno lo riportiamo nel nostro Ospedale a Koupèla, per essere sottoposto quotidianamente a medicazioni delicate e molto dolorose soprattutto all’inizio. Per quasi due mesi abbiamo temuto di aver fallito, più del 50% degli innesti erano andati in necrosi e nessun accenno alla cicatrizzazione. Poi il cambiamento, ogni giorno un miglioramento sempre più rapido. Marisa lo segue quasi ogni giorno, gli porta da mangiare, quaderni e matite per disegnare ed ovviamente giochi. Michel deve guarire, ma anche riprendere a vivere, per questo ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino. Quando noi ritorniamo in Italia, 1maggio 2014, la guarigione non è ancora completa per cui lo affidiamo alle cure dei nostri collaboratori locali, dopo un mese ci invieranno una foto di Michel completamente guarito.
Marisa ed Eva ritorneranno a Koupèla nel mese di agosto 2014, saranno le prime a vedere il sorriso di Michel.
Se questo miracolo è avvenuto dobbiamo ringraziare l’impegno e la professionalità di tutti i volontari che fanno capo all’Ass.ne “ OSPEDALI in BURKINA” e “SANTE’ AFRIQUE”. Michel che ritorna a sorridere, che va a scuola e gioca con i suoi compagni è la ricompensa più grande per tutti noi, è un’ulteriore conferma che dobbiamo continuare a batterci per aiutare chi ancora oggi vive in condizioni di estrema povertà, chi non ha ancora la possibilità di curare il proprio bambino.
Dicembre 2014
Una bella storia che premia l’impegno dei volontari impegnati nell’Ospedale di Koupèla
Kaboré Michel: anni 10
Nel novembre del 2011 la capanna di Michel prese fuoco, procurandogli gravi ustioni su tutto il corpo. All’ Ospedale di Koupèla fu prontamente sottoposto alle cure del caso da parte dei medici locali, che ce lo proposero per una consultazione chirurgica. Fummo ben lieti di poterli aiutare, attivandoci subito sia per pianificare la terapia sia per procurare materiale di medicazione e farmaci che in Africa il paziente deve pagarsi totalmente. La famiglia di Michel è molto povera per cui non avrebbe potuto permettersi di sostenere le spese necessarie a curare il loro piccolo.
Dopo 4 mesi di medicazioni le ustioni sul corpo e sugli arti erano perfettamente guarite, mentre quella sul capo non accennava a migliorare. I chirurghi plastici decisero allora di sottoporlo ad innesti cutanei, ma il giorno dell’intervento Michel non era più in Ospedale. Era ritornato a casa per essere sottoposto ad un trattamento tradizionale, impacchi di foglie e quant’altro nella più totale mancanza di sterilità. Il peggioramento fu inevitabile per cui fu ricoverato (ovviamente tutto a nostra insaputa) in un Ospedale della capitale ma anche qui con scarsi risultati. A seguito delle nostre ripetute sollecitazioni nel dicembre 2012 si ripresentò nel nostro Ambulatorio dove si ricominciò a medicarlo e fu preparato per l’intervento chirurgico di innesto cutaneo. Nel febbraio 2013 fu portato in sala operatoria ma una grave emorragia intraoperatoria vanificò la nostra speranza. Per più di un anno si presenterà per essere medicato, con il suo cappellino in testa e con due occhi che non sorridono mai, ma esprimono la grande tragedia che lo ha colpito. Per tutti i volontari sarà una spina nel cuore ogni volta che lo rivedono, nessuno lo dice ma tutti pensano che non ce la farà mai.
Nel mese di febbraio del 2014 arriva la missione francese dell’Ass.ne “Santé Afrique “, anche loro ovviamente coinvolti nella tragedia di Michel. Insieme decidiamo di fare un ultimo disperato tentativo, contattare un chirurgo plastico di Marsiglia che verrà a Ouagadougou per 10 giorni e si dice da subito disponibile. Portiamo Michel nella clinica di Ouaga dove il dott. Haen gli praticherà degli innesti cutanei. Dopo qualche giorno lo riportiamo nel nostro Ospedale a Koupèla, per essere sottoposto quotidianamente a medicazioni delicate e molto dolorose soprattutto all’inizio. Per quasi due mesi abbiamo temuto di aver fallito, più del 50% degli innesti erano andati in necrosi e nessun accenno alla cicatrizzazione. Poi il cambiamento, ogni giorno un miglioramento sempre più rapido. Marisa lo segue quasi ogni giorno, gli porta da mangiare, quaderni e matite per disegnare ed ovviamente giochi. Michel deve guarire, ma anche riprendere a vivere, per questo ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino. Quando noi ritorniamo in Italia, 1maggio 2014, la guarigione non è ancora completa per cui lo affidiamo alle cure dei nostri collaboratori locali, dopo un mese ci invieranno una foto di Michel completamente guarito.
Marisa ed Eva ritorneranno a Koupèla nel mese di agosto 2014, saranno le prime a vedere il sorriso di Michel.
Se questo miracolo è avvenuto dobbiamo ringraziare l’impegno e la professionalità di tutti i volontari che fanno capo all’Ass.ne “ OSPEDALI in BURKINA” e “SANTE’ AFRIQUE”. Michel che ritorna a sorridere, che va a scuola e gioca con i suoi compagni è la ricompensa più grande per tutti noi, è un’ulteriore conferma che dobbiamo continuare a batterci per aiutare chi ancora oggi vive in condizioni di estrema povertà, chi non ha ancora la possibilità di curare il proprio bambino.
Dicembre 2014
Il pastore di Baskourè.
(di Martina Danieli)
“Quando la mattina sentirete i galli e gli uccellini cantare sappiate che quelli saremo io, mia moglie e i miei bambini che vi ringraziamo!”

Un padre di cinque figli inizia a lavorare come pastore. Dopo tre mesi chiede al suo datore di lavoro di essere retribuito perché non riesce a sfamare i suoi bambini. Questi in risposta lo riempie di botte e lo caccia dai suoi campi sostenendo che chiedergli denaro è stata una grande mancanza di rispetto.
Il capovillaggio di Baskouré, venuto a conoscenza della situazione e viste le condizioni di estrema povertà di questa famiglia, decide di donargli un pezzo di terreno, lontano dal villaggio. Qui il padre costruisce una capanna, fatiscente a causa della mancanza di mezzi, e coltiva un po’ di miglio che a malapena permette loro di sopravvivere.
Veniamo a conoscenza di questa storia, che ci commuove a tal punto da decidere di donare loro un carretto e un asino in modo che riescano a coltivare meglio il terreno e possano guadagnarsi qualcosa trasportando sabbia, legna od altro. Quando glielo diciamo il padre è incredulo, ride per la gioia e ci emoziona dicendoci “Quando la mattina sentirete i galli e gli uccellini cantare sappiate che quelli saremo io, mia moglie e i miei bambini che vi ringraziamo!”
Quando arriviamo alla loro capanna con l’auto carica di regali l’accoglienza è festosa, la povertà non toglie il sorriso alla gente del Burkina. I bambini continuano a guardare stupiti e orgogliosi i sandaletti di plastica che abbiamo portato; la figlia più grande prova con entusiasmo la biciletta (ogni giorno faceva 14 km a piedi per andare a scuola); il papà e la mamma ridono felici e increduli.
Mentre sono seduta sulla misera panca (un’ asse di legno) della loro capanna incrocio gli occhi pieni di gratitudine di quel papà che avrebbe da sempre voluto fare tanto per la sua famiglia e finalmente realizzo cosa significa il celebre aforisma di Madre Teresa di Calcutta “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’ oceano avrebbe una goccia in meno”
Una visita a casa di Edmond (Marzo 2014)
Edmond è passato a salutarci e ha voluto conoscere i componenti della missione presente. Ci ha inviatto a visitare la sua casa, la sua famiglia. Abbiamo accolto volentieri l'invito e qualche giorno dopo, in un pomeriggio, siamo andati a trovare la sua famiglia a circa 15 Km da Koupela. Abbiamo conosciuto sua moglie ed i suoi figli. La ragazza più grande, che studia con un buon rendimento a scuola, tornava in quel momento dal pozzo, tirando il carretto con le taniche di acqua, che i fratellini, seguendola a piedi, arreggevano perchè non si rovesciassero. Hanno l'aratro e un ciuco ed un carretto con il quale Edmond può andare a Koupela a portare al mercato la legna raccolta nella savana. Un incontro piacevole, che ci ha insegnato tante cose, spunto di molte riflessioni.
Edmond è passato a salutarci e ha voluto conoscere i componenti della missione presente. Ci ha inviatto a visitare la sua casa, la sua famiglia. Abbiamo accolto volentieri l'invito e qualche giorno dopo, in un pomeriggio, siamo andati a trovare la sua famiglia a circa 15 Km da Koupela. Abbiamo conosciuto sua moglie ed i suoi figli. La ragazza più grande, che studia con un buon rendimento a scuola, tornava in quel momento dal pozzo, tirando il carretto con le taniche di acqua, che i fratellini, seguendola a piedi, arreggevano perchè non si rovesciassero. Hanno l'aratro e un ciuco ed un carretto con il quale Edmond può andare a Koupela a portare al mercato la legna raccolta nella savana. Un incontro piacevole, che ci ha insegnato tante cose, spunto di molte riflessioni.
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La storia della mamma di Ramatou
Ramatou Campaorè è una bambina che è stata adottata da una famiglia italiana, tramite l’Associazione. La sua mamma ci ha raccontato la sua storia, una vita molto difficile.
Storia simile a quella di molte donne del Burkina.
"Nel 2007 sono stata venduta a un uomo di 64 anni, avevo 16 anni. Ora ho 23 anni
e ho due bambini e uno in arrivo. Non so quando partorirò non so leggere, scrivere,
e nemmeno contare, non sono stata a scuola. Non volevo un uomo così vecchio
ma mio padre mi ha obbligata. Sono stata scambiata con due capre.
Mio marito mi picchiava ogni giorno anche ora che sono incinta. Un giorno tutta
sanguinante sono scappata da casa con i miei bambini e sono andata al mio villaggio
dove vive la mia mamma. Mio padre è deceduto nel 2012,non sarei stata accettata
se ci fosse stato lui.
Senza soldi, una piccola capanna per tutti e senza cibo ma finalmente un po’ di
pace.
Un giorno mi dicono di andare da una “madame bianca” che aiuta le donne in
difficoltà. Ci sono andata, le ho raccontato la mia storia e “madame” mi ha dato
un sacco di riso da 25 kg, 10000 franchi, vestiti per tutta la famiglia.
Qualche giorno fa mi manda a chiamare e dice di avere un’adozione per me.
Vi ringrazio molto per il vostro aiuto che renderà la mia vita migliore e potrò
mandare un giorno i miei figli a scuola.
Che Dio vi benedica e vi dia la salute"
Ramatou Campaorè è una bambina che è stata adottata da una famiglia italiana, tramite l’Associazione. La sua mamma ci ha raccontato la sua storia, una vita molto difficile.
Storia simile a quella di molte donne del Burkina.
"Nel 2007 sono stata venduta a un uomo di 64 anni, avevo 16 anni. Ora ho 23 anni
e ho due bambini e uno in arrivo. Non so quando partorirò non so leggere, scrivere,
e nemmeno contare, non sono stata a scuola. Non volevo un uomo così vecchio
ma mio padre mi ha obbligata. Sono stata scambiata con due capre.
Mio marito mi picchiava ogni giorno anche ora che sono incinta. Un giorno tutta
sanguinante sono scappata da casa con i miei bambini e sono andata al mio villaggio
dove vive la mia mamma. Mio padre è deceduto nel 2012,non sarei stata accettata
se ci fosse stato lui.
Senza soldi, una piccola capanna per tutti e senza cibo ma finalmente un po’ di
pace.
Un giorno mi dicono di andare da una “madame bianca” che aiuta le donne in
difficoltà. Ci sono andata, le ho raccontato la mia storia e “madame” mi ha dato
un sacco di riso da 25 kg, 10000 franchi, vestiti per tutta la famiglia.
Qualche giorno fa mi manda a chiamare e dice di avere un’adozione per me.
Vi ringrazio molto per il vostro aiuto che renderà la mia vita migliore e potrò
mandare un giorno i miei figli a scuola.
Che Dio vi benedica e vi dia la salute"