La famiglia, il villaggio
La famiglia è la struttura portante del popolo burkinabè.
Il concetto di famiglia in Africa è diverso dal nostro attuale in occidente. Potremmo semplificare dicendo che si tratta di una “famiglia allargata”, dove i legami di sangue vengono superati e sostituiti dalla parentela. Quando un burkinabè fa riferimento alla sua famiglia intende e comprende anche i cugini, gli zii, i nipoti e soprattutto i nonni, ecc. Quindi non più una famiglia ristretta nel senso nostro, ma la comunità del villaggio. La famiglia è una istituzione molto forte e vitale, dove tutti hanno un ruolo tradizionalmente definito e ognuno conosce i propri doveri.
Non è concepibile in Africa, in linea generale, la vita da soli; la solitudine, l’isolarsi dalla comunità è vista come una disgrazia o punizione. In un ambiente dove le difficoltà della vita sono enormi, la società reagisce aggregandosi in modo forte, per consolidare le difese nelle necessità. La comunità è disponibile ad aiutare ma al contempo chiede la disponibilità del singolo ad aiutare gli altri membri della “famiglia”.
La famiglia tende ad unirsi il più spesso possibile e trascorrere il maggior tempo insieme; lo stare insieme è uno dei valori fondamentali, che tutti cercano di rispettare. Abitare insieme o perlomeno vicini è essenziale: molti sono i lavori che si possono fare collettivamente, altrimenti non si sopravvive.
La sera, quando l’oscurità improvvisamente prende il sopravvento sulla luce, l’individuo si sente isolato,disorientato e tende ancor più a cercare il proprio simile e stare in compagnia: le prime ore della notte sono il momento più conviviale, magari sotto la protezione di un albero, forse l’unico del villaggio. Nessuno vuol stare solo. I bambini non vanno a dormire prima dei grandi: il sonno è un passaggio che si fa tutti i insieme, con la famiglia e il villaggio.
Il bambino viene allevato in famiglia, ma via via che cresce vede che i confini del suo mondo sociale si allargano ad altre famiglie e che queste famiglie formano un clan. Il clan è costituito dalle famiglie che si riconoscono in un antenato comune.
Infatti grande importanza hanno le tradizioni e gli antenati, che sono visti ancora come “presenti” per dare consigli e risolvere i problemi, con la loro esperienza. Irritare gli antenati con un comportamento sbagliato vuol dire esporsi al rischio di attirare sul clan numerose sciagure.
L’incontro fra due africani avviene di solito con grandi strette di mano, richiesta di notizie dei parenti più stretti e non, con una vera e propria rituale litania di saluti. Se non si conoscono cercano di individuare nelle loro parentele un legame anche alla lontana, in modo da stabilire un rapporto più stretto; il tutto accompagnato da fragorose risate, per gioire dei legami ritrovati, perché niente accomuna di più quanto il ridere insieme.
Il concetto di famiglia in Africa è diverso dal nostro attuale in occidente. Potremmo semplificare dicendo che si tratta di una “famiglia allargata”, dove i legami di sangue vengono superati e sostituiti dalla parentela. Quando un burkinabè fa riferimento alla sua famiglia intende e comprende anche i cugini, gli zii, i nipoti e soprattutto i nonni, ecc. Quindi non più una famiglia ristretta nel senso nostro, ma la comunità del villaggio. La famiglia è una istituzione molto forte e vitale, dove tutti hanno un ruolo tradizionalmente definito e ognuno conosce i propri doveri.
Non è concepibile in Africa, in linea generale, la vita da soli; la solitudine, l’isolarsi dalla comunità è vista come una disgrazia o punizione. In un ambiente dove le difficoltà della vita sono enormi, la società reagisce aggregandosi in modo forte, per consolidare le difese nelle necessità. La comunità è disponibile ad aiutare ma al contempo chiede la disponibilità del singolo ad aiutare gli altri membri della “famiglia”.
La famiglia tende ad unirsi il più spesso possibile e trascorrere il maggior tempo insieme; lo stare insieme è uno dei valori fondamentali, che tutti cercano di rispettare. Abitare insieme o perlomeno vicini è essenziale: molti sono i lavori che si possono fare collettivamente, altrimenti non si sopravvive.
La sera, quando l’oscurità improvvisamente prende il sopravvento sulla luce, l’individuo si sente isolato,disorientato e tende ancor più a cercare il proprio simile e stare in compagnia: le prime ore della notte sono il momento più conviviale, magari sotto la protezione di un albero, forse l’unico del villaggio. Nessuno vuol stare solo. I bambini non vanno a dormire prima dei grandi: il sonno è un passaggio che si fa tutti i insieme, con la famiglia e il villaggio.
Il bambino viene allevato in famiglia, ma via via che cresce vede che i confini del suo mondo sociale si allargano ad altre famiglie e che queste famiglie formano un clan. Il clan è costituito dalle famiglie che si riconoscono in un antenato comune.
Infatti grande importanza hanno le tradizioni e gli antenati, che sono visti ancora come “presenti” per dare consigli e risolvere i problemi, con la loro esperienza. Irritare gli antenati con un comportamento sbagliato vuol dire esporsi al rischio di attirare sul clan numerose sciagure.
L’incontro fra due africani avviene di solito con grandi strette di mano, richiesta di notizie dei parenti più stretti e non, con una vera e propria rituale litania di saluti. Se non si conoscono cercano di individuare nelle loro parentele un legame anche alla lontana, in modo da stabilire un rapporto più stretto; il tutto accompagnato da fragorose risate, per gioire dei legami ritrovati, perché niente accomuna di più quanto il ridere insieme.